domenica 11 febbraio 2024

Music, Subculture & of course Football

Articolo di Damiano F. 


Connubio è quella parola che, spesso, viene usata per star a significare un'unione di più cose tutte insieme. Cose che, unite tra di loro, possono dar vita ad un qualcosa di unico, raro, particolare, indimenticabile e per, alcuni, identificativo.

L'Inghilterra, da sempre, è una nazione in continua evoluzione ed in continuo cambio di vesti. Storicamente parlando è stato, probabilmente, uno degli epicentri per lo sviluppo di determinate tendenze, culture sociali ed identitarie. Erroneamente, talvolta, pensando all'Inghilterra si pensa che sia stata sempre e solo Londra la portavoce di vari sviluppi in ambito socio-culturale.

Eppure le cose non stanno proprio così.

Andiamo con ordine, di cosa si parlerà in questo mio scritto? Il Regno Unito non è sempre stato, solamente, un faro che ha illuminato la sola strada legata al calcio, con le sue tradizioni, le sue storie, i suoi anedotti ricolmi di un fascino senza tempo. Nella terra d'Albione, tra gli anni 50 fino ai primi 2000, vi è stata una vera e propria rivoluzione (parola presa in prestito) di strada e giovanile che ha dato il là a nuove tendenze sia musicali che attitudinali.

La storia che verrà raccontata questa volta dista, circa, 150 km da Londra. Ci troviamo nelle West Midlands (nord-ovest rispetto la capitale inglese) più precisamente nella città di Coventry. Una città del nord dal tipico clima oceanico con estati fresche ed inverni, più o meno, tiepidi. 

Coventry è, rispetto alle vicine Birmingham e Leicester, una città di gran lunga più antica ed è stata, per tanto tempo, uno degli epicentri per la lavorazione di tessuti divenendo, nel periodo medievale, una delle più importanti città a livello economico. Durante la seconda guerra mondiale insieme a Londra ed Hull fu una delle città più duramente colpite dagli attacchi portati avanti dalla Germania nazista. 

Nel secondo dopoguerra molte furono le difficoltà ed altrettanti gli strascichi lasciati dal conflitto. La ripresa economica locale non fu per nulla semplice ma, con il tempo, la città riuscirà, pian piano, a risollevarsi grazie anche al boom delle aziende automobilistiche che aprirono, da quelle parti, negli anni 70.

Alla fine degli anni 50 vi fu un grande esodo, dalle ex colonie britanniche, in particolare dalla Giamaica, di diversi migranti di colore i quali cercavano miglior fortuna nella "terra promessa" chiamata Inghilterra. Insieme a Londra, la città di Coventry, fu una di quelle che più di tutte subì questa "invasione". Ma con il senno di poi, questa "invasione", porterà tanta ma tanta notorietà alla città delle Midlands ed una forte ventata di novità soprattutto tra la gioventù cresciuta tra gli anni 60, 70 ed 80.

Quelli erano anni di forte rabbia sociale e di forte contrasti tra quella generazione appena uscita dalla seconda guerra mondiale e quella nata subito dopo. I giovani dell'epoca erano rabbiosi, rancorosi e non vedevano di buon occhio l'avvenire. I ragazzi della cosiddetta working class britannica erano alla ricerca continua di nuove sfide, tendenze e stili. C'era quella voglia matta di cambiare tutto. 

Eppure quella novità arrivò proprio dall'immigrazione. Non a caso con i flussi migratori, dalla Giamaica, venne importato uno stile musicale che per i ragazzi bianchi della classe operaia inglese fu una vera e proprio ventata d'aria fresca. Reggae, Rocksteady e, soprattutto, lo Ska furono delle vibrazioni totalmente nuove a livello musicale che crearono una miscelazione tra i giovanotti bianchi e neri di quei tempi. Ma non fu solo la musica a fare da padrone. Infatti i giovani inglesi rimasero molto affascinati dal dress-code di molti coetanei dalla pelle scura. Fu grazie a loro che, in Inghilterra, fecero il loro esordio i cosiddetti "rudeboys". Questi erano dei ragazzi di colore con una stile molto "dandy" (per così dire) e molto curato. Giacca, cravatta, scarpa lucida, bretelle, pantalone stretto. Tutto ciò venne assimilato dai kids britannici i quali, soprattutto, la sera dopo le fatiche del lavoro giornaliero andavano al club a ballare a ritmi musicali sopracitati qualche rigo sopra. 

Un aspetto "smart" ma con un attitudine molto "riottosa". Si perchè sia il classico rudeboy giamaicano che il rudeboy versione british avevano in comune anche il fatto di far bisboccia, casino e perchè no...menare un pò le mani. Dopotutto si trattava di due stili provenienti dalle difficoltà della strada. Una strada che congiungeva Kingston e Londra...anzi Coventry.

Coventry, come spiegato poc'anzi, fu un vero e proprio fulcro di questa miscelazione. Nulla aveva da invidiare a Londra in tal senso. Le prime sottoculture nacquero, infatti, nelle Midlands oltre che, ovviamente, nella capitale. I Rudeboys giamaicani in "salsa britannica" furono, forse, gli Skinheads della prima ondata nata a fine anni 60. I cosiddetti "originals".  Anche i Mods, nati anni prima degli Skin, senza dubbio hanno subito una forte influenza, soprattutto, a carattere musicale.

La città di Coventry negli anni 70/80 divenne la città il simbolo con cui combattere la piaga del razzismo che, comunque sia, in quegli anni attanagliava tutto il Regno Unito. Spesso, ai concerti Ska o Reggae, personalità vicine a movimenti notoriamente ed estremamente destrorsi, i quali avevano avuto l'astuzia di "accalappiare" molti giovani sbandati vicini al mondo sottoculturale, tendevano a rovinare i concerti o a fare volantinaggi di dubbio gusto circa l'apertura mentale verso nuove realtà entiche. Ciò comportava, talvolta, violente risse tra giovani di vedute differenti.

Non sempre ciò accadeva ai concerti Reggae o Ska, forse più nella scena, che sorse verso la fine degli anni 70, chiamata Oi!...una scena nata, a sua volta, da una costola del già noto, in quegli anni, Punk. Questa dilagante piaga fu utile, molto spesso, alla stampa per dare vita ad articoli, il più delle volte, fantasiosi dove si tendeva ad etichettare i giovani legati ad una sottocultura, piuttosto che un'altra. "Violenti e razzisti senza cervello" questi i termini. Il "folk devil" per eccellenza, per gli "addetti stampa" erano un pò tutti: Skinheads, Mods, Rockers, Punk. Tutti colpevoli insomma, intercambiabili in base all' articolo da "sfornare".

Per combattere questi stereotipi, a Coventry, iniziò una vera e propria battaglia sociale e, molto spesso, le frecce da usare per questo arco erano date proprio dalla musica. Musica popolare, meticcia, urbana, sintomo di angoscia e sofferenza, ma anche di un desiderio collettivo di gioia, rivalsa e rabbia gridata a gran voce. Una musica che desse voce a tutti, agli ultimi reietti della società giovanile britannica post-coloniale e multiculturale.

Band arcinote come The Specials, Madness, The Selecters, Bad Manners, The Beat furono i portabandiera i questa svolta suonata al ritmo dello Ska "Black-British Version". Questi gruppi sopracitati erano le "top band" del genere musicale nato a fine anni 70, a Coventry, famoso come 2Tone Ska. 

Ad onor di cronaca va detto che solo i The Specials, veri pionieri del movimento, erano proprio di Coventry. Questa musicalità prevedeva una miscelazione tra il classico Ska alimentato con un poco di New Wave, Pop e Punk. Da lì a poco nascerà anche la label chiamata 2Tone Records ideata da Jerry Dammers già membro dei The Specials.

L'obiettivo era semplice: abbattere tensioni sociali e divisioni razziali nell'Inghilterra neo-liberista dell'era Margharet Thatcher. Molti giovani erano attratti da questa scena che andava mano a mano crescendo. Una scena sottoculturale che accomunava tutti: mods, rudeboys, skinheads, bianchi, neri...tutti insieme appassionatamente!

Ma in tutto ciò...il calcio? Il club noto della città di Coventry è il Coventry City. Un club che non ha mai avuto i grandi riflettori puntati. Nel suo palmarés può vantare, solamente, una Coppa d'Inghilterra ma ha, da sempre, un grande seguito soprattutto nella regione delle West Midlands. Le sue storiche arcirivali sono, da sempre, Aston Villa e Leicester City. Rivalità dovute alla "supremazia territoriale" vista la stessa locazione geografica.




Il club ha sempre fatto grandi campagne contro ogni forma di razzismo soprattutto negli ultimi anni e, proprio recentemente, ha creato un CONNUBIO (ecco che torna la prima parola dell'articolo) che unisce calcio, sottocultura e musica per una nobile battaglia qual'è quella contro il razzismo. Nel 2019, a quarant'anni dalla nascita della 2Tone, il Coventry City creò una bellissima collaborazione con la label in onore di essa. La terza maglia, infatti, venne fatta completamente a scacchi bianconeri. La stessa armocromia che rappresenta da più di quarant'anni il genere Ska. Bianchi e neri insieme (le band più influenti della scena erano formate da membri inglesi e giamaicani). Ma non è tutto, su queste maglie da gara andate completamente a ruba, vi era rappresentato, ovviamente, anche il mitico Walt Jabsco, rudeboy in abito nero, camicia bianca, cravatta nera, cappello stile "pork pie", calzini bianchi e mocassini neri simbolo di questo movimento/label.





Il 18 dicembre 2022 è venuto a mancare la voce ed il leader dei The Specials, Terry Hall. Un vero e proprio figlio di Coventry, nato e cresciuto in quelle strade. Un'icona musicale ed un perno fondamentale, anche, nell'ambito sottoculturale. Il Coventry City, già prima della sua dipartita, era solito mettere in filodiffusione, prima d'ogni match casalingo al City of Coventry Stadium, musica Ska della 2tone. ma dalla morte di Terry Hall è diventata un consuetudine imprescindibile.

In un'intervista del 2019 Terry disse testualmente: "Quando siamo nati con gli Specials abbiamo compreso e giudicato la nostra condizione sociale. Eravamo giovani ragazzi, senza lavoro, senza futuro, zero, un bel niente! Decidemmo di fare qualcosa e di condividere con gli altri le nostre difficoltà. I problemi della società non se ne sono andati. Hanno solo cambiato forma e colore". 




Questa è stata, probabilmente, la missione della 2Tone e della sua "prima linea musicale". Una luce nel buio in una situazione sociale, quella dell'Inghilterra thatcheriana, molto difficile soprattutto per i giovani troppo spesso usati come capro espiatorio di turbolenti situazioni nelle strade, sugli spalti e/o nelle fabbriche. Tensioni sociali e razziali che tendevano, perlopiù, a creare spaccature non da poco.

Questo raccontato non è stato l'unico esempio di una miscela che è stata in grado amalgamare calcio, musica e sottocultura. Doveroso fare altri esempi quali il connubio tra Manchester City e lo storico club musicale mancuniano noto con il nome di The Hacienda, anche le continue sponsorizzazioni tra il Manchester United e la famosa band, sempre di Manchester, degli Stone Roses. Anche nelle realtà meno note vi è l'esempio della giovanile squadra del Seven Sisters FC di Neath sponsorizzata dalla band degli Sleaford Mods.

Diciamo che di esempi ve ne sono ma, quello di Coventry, è forse quello con un chiaro richiamo, oserei dire, politico-sociale non da poco. Una chiara presa di coscienza della propria unicità in ambito territoriale e del tessuto sociale della città stessa. Città da sempre aperta al multiculturalismo che ha dato modo di salire alla ribalta soprattutto in ambito musicale e CULTURALE. 

Voglio scriverla in grande questa parola perchè a Coventry, ormai, si tratta proprio di cultura e non più di una mera subcultura di strada. Chissà se anche il suo ultracentenario club calcistico locale riuscirà mai a raggiungere risultati importanti e ad arricchire un giorno (chissà) il suo palmarés, ad oggi, alimentato solo da quell'unica FA Cup vinta negli 80's. Anni, come spiegato, di grande rivolta nelle strade, una rivolta cantata e ballata a più riprese sotto i palchi ai concerti Ska della 2Tone.

Vediamo quale destino per gli Sky Blues del Convetry City... nel frattempo mettiamo su un bel disco dei The Specials, chiudiamo gli occhi ed immaginiamo di essere nel moderno City of Coventry Stadium. Vicino a noi qualche amico, due passetti a ritmo Ska per smorzare la tensione prima del match e poi in alto le pinte se sul maxischermo dello stadio dovesse apparire il volto di Terry Hall. 

Un brindisi gli è più che dovuto.

"Too much...too young!"





Damiano F.

sabato 4 novembre 2023

Up the Hatters

Come spesso mi succede sto facendo passare i calendari delle partite in UK del Preston NE per cercare di organizzare un piccolo viaggio in Terra d’Albione, tenendo però in considerazione eventuali partite interessanti ed in particolare quelle di squadre per le quali provo una certa simpatia, e tra queste c’è anche e soprattutto lo Stockport County, quando ad un certo punto mi salta all’occhio una sfida che attira decisamente la mia attenzione.

Si tratta di Stockport County vs Tranmere Rovers ad Edgeley Park, casa degli Hatters che avevo già visto qualche anno fa soltanto dall’esterno e senza assistere ad una partita, da giocarsi a fine ottobre, in quello stesso giorno il PNE avrebbe giocato in trasferta ad Hull e quindi, avendo a disposizione solo il weekend, sarebbe stato in ogni caso più fattibile vedere un match nella Greater Manchester senza quindi spostarsi troppo proprio da Manchester, città nella quale avrei pernottato anche grazie alla vicinanza all’aeroporto.

Ma a parte questi “calcoli”, la sfida tra Stockport e Tranmere mi ha subito affascinato ed attratto perché è proprio quella di cui parlo spesso nei miei libri “Una Nuova Alba” e “No Love Lost”, un gruppo di tifosi del County sono infatti i protagonisti delle mie storie ambientate principalmente proprio a Stockport, e comunque provo per entrambe le squadre una certa simpatia anche grazie al libro/film “Awaydays” che ha invece per protagonisti dei ragazzi che fanno parte di una “firm” del Tranmere.

E così inizio già a pregustare il fatto di vivere finalmente in prima persona le emozioni che fino ad ora avevo potuto cercare di provare soltanto attraverso i miei libri, penso già al momento in cui sarò nella Cheadle End, la terrace dove, nella mia immaginazione, Damon e gli altri protagonisti dei miei libri assistevano alle partite della loro squadra locale, di bere birra nel pre-match proprio nei pub di cui avevo scritto e magari di cantare quel coro tanto caro ai tifosi del County, ovvero “The scarf my father wore”.

Non ci penso su molto e con un amico decidiamo di prenotare il volo e successivamente l’albergo ed ovviamente i biglietti per la partita, decidiamo di volare con Easy Jet partendo da Malpensa dato che gli orari di Ryan Air sono improponibili e ci avrebbero costretti a restare a Manchester soltanto due mezze giornate, mi sento un po’ strano ad andare in Inghilterra a vedere una partita che non sia del PNE, ma sono affascinato da questa sfida e dal fatto di poter assistere ad una partita di League Two ed in uno stadio che ancora non avevo visitato internamente, ho comunque qualche contatto anche tra i tifosi del County e quindi cercherò di incontrarli almeno nel pre-match.

Sabato 28 ottobre si parte prestissimo, il volo è in perfetto orario ed arriviamo a Manchester alle 8.30 locali, abbiamo così il tempo di fare una Traditional English Breakfast con calma al pub Wetherspoons a Piccadilly, notiamo che c’è gente che preferisce fare colazione con una birra.





Abbiamo con noi solo uno zainetto quindi lo lasciamo in albergo e giriamo un po’ per il centro città andando principalmente per negozi, tappe obbligatorie Size ? e The Classic Foorball Shirts che ha cambiato sede e non si trova nella classica collocazione a Deansgate. La cosa più bella è però tornare a riassaporare certe atmosfere, a vivere certe sensazioni ed emozioni attraverso cose semplici, ma che per noi appassionati sono anche così significative.



















Alle 12.30 è il momento di tornare alla stazione di Piccadilly e di prendere il treno che in pochi minuti ci porta a Stockport, appena scendiamo e prendiamo la strada che porta in direzione dello stadio riaffiorano in me i ricordi dell’ultima volta che c’ero stato, ma anche l’emozione di essere in quegli stessi posti di cui parlo nei libri, vedo ad esempio il pub “The Armoury” ed il cartello indicante la zona in cui ci troviamo, “Shaw Heath”, proprio quella dove “vivono” i miei personaggi, subito dopo arriviamo in Mercian Way dove un cartello recita “This is Edgeley home of Stockport County. We are back!” e sul quale appiccico un adesivo del mio libro accanto ad uno dei tifosi degli Hatters.







Da lì entriamo in Castle Street dove troviamo due pub, uno è il “The Jolly Crofter” dove più tardi abbiamo appuntamento con un amico del County, l’altro è il “Sir Robert Peel”, entriamo prima in questo che tra l’altro è uno di quelli maggiormente citati nei miei romanzi.




Un ragazzo della sicurezza prima di farci entrare ci chiede se siamo County o ospiti e con fermezza rispondo “County”, ho anche una spilla del Club sulla mia “Goggle Jacket” della CP Company accanto al “Poppy” dato che stiamo per avvicinarci al periodo in cui si ricordano le vittime delle guerre anche attraverso l’utilizzo di questo simbolo, negli scorsi giorni è tra l’altro venuto purtroppo a mancare il leggendario Sir Bobby Charlton e quindi siamo comunque in tema di “commemorazioni”.

All’interno del “Peel” l’atmosfera è proprio quella che mi aspettavo, birra a volontà, partita al maxi schermo (Chelsea vs Brentford), gente che chiacchiera serenamente ed una “passerella” di Adidas, ovviamente anche io ne indosso un paio, per l’occasione ho optato per le “Spezial Pulsebeat” che onorano e richiamano all’album “Unknown Pleasures” dei Joy Division, la mia band preferita e non a caso una band di Manchester.

Con grande piacere qui trovo una delle birre che mi piacciono di più, la “Boddington’s” che avevo bevuto spesso a Preston e dintorni, ma che a Manchester non ero riuscito a trovare nemmeno negli scorsi anni, al bancone il mio amico mi parla in italiano e così veniamo “sgamati”, con entusiasmo ci chiedono cosa ci facciamo lì a vedere lo Stockport ed io rispondo che preferiamo le partite di leghe inferiori rispetto ad esempio al derby di Manchester che si sarebbe giocato proprio il giorno successivo ad Old Trafford, spiego anche della mia simpatia per il County, oltre a noi ci sono anche dei norvegesi, forse lo Stockport sta attirando qualche attenzione in più quest’anno, infatti la squadra è prima in classifica ed arriva da nove vittorie consecutive in campionato, dieci considerando anche una partita di Coppa, vincendo oggi batterebbe il record storico del Club!




Più tardi, intorno alle 13.30, ci spostiamo al “The Jolly Crofter” dove non trovo il ragazzo con cui avevo appuntamento, in compenso però ci mettiamo a parlare allegramente con un gruppo di signori, uno di loro, infatti, mi aveva involontariamente toccato con una spallata facendomi cadere una piccola parte di birra dal mio boccale, è bastato questo per far sì che ce ne offrisse un’altra e per far iniziare la conversazione, anche qui vengono a sapere che siamo italiani ed allora tutti sono incuriositi da noi quando gira la voce (cosa che avrei assolutamente preferito vietare).







Poco dopo arriva Kev, un altro tifoso al quale avevo detto che sarei venuto in questo pub prima della partita, e con lui si iniziano altri discorsi e si resta a lungo a parlare di calcio, ma anche di viaggi in UK, da parte nostra, ed in Italia da parte sua, il tempo trascorre in modo molto piacevole, ma passa anche velocemente e alle 14.15 circa usciamo dal pub e lì troviamo il ragazzo con cui avevo appuntamento, Harry, abbiamo solo il tempo di scambiare un paio di battute e di fare una foto insieme, poi è il momento di avviarci verso Edgeley Park, la partita inizierà infatti nel classico orario delle 15.






Quando vediamo il viale sul quale sorge Edgeley Park è uno spettacolo, la gente affolla la strada, si formano code ai tornelli, compriamo il match programme e ci mettiamo in fila, ognuno sta al suo posto in modo tranquillo, c’è spensieratezza, non sembra esserci tensione o nervosismo, questo è un bel modo per affrontare una partita di calcio, anche se facilitato dal fatto che la squadra sta andando benissimo e ben oltre le aspettative, e poi se il County sta così bene, di contro c’è un Tranmere che sta andando malissimo e che si ritrova in piena zona retrocessione, vedo qualche tifoso ospite in fila per entrare nel suo settore, vicino a quelli di casa, ma non c’è nessun problema tra le due tifoserie, penso che questo non sarebbe successo negli anni ’80 e di certo nei miei romanzi che parlano di frequenti scontri tra quelli di Stockport e di Birkenhead!



















E’ stato emozionante vedere EP dal suo esterno, ma, anche per il fatto che da quella prospettiva lo avevo già visto, l’impatto è ancora più bello quando oltrepassiamo il tornello e ci ritroviamo al suo interno e nel bel mezzo della Cheadle End, dove ritrovo Harry, lui è uno di quello che guida i cori e che suona il tamburo per creare una certa atmosfera e spingere la squadra verso la vittoria, un vero local lad che rispetta in pieno il motto “Support your local Team”.

Restiamo qualche minuto a bordo campo mentre le squadre si stanno scaldando prima di accomodarci alle nostre postazioni più o meno dietro alla porta, il campo è davvero vicino e la visuale è perfetta, l’adrenalina comincia a salire per davvero adesso e tutto è pronto per l’inizio della partita.




Accompagnati dal classicissimo “Heroes” di David Bowie i ragazzi del County fanno il loro ingresso in campo tra le incitazioni del pubblico ed in particolare dalla Cheadle End, sono contento di farne parte, almeno per oggi, proprio come Damon ed i suoi amici; bastano pochi minuti agli Hatters per portarsi in vantaggio grazie al gol del solito Olaofe, la Cheadle lo omaggia con il coro “Tanto’s on Fire” e qualche minuto più tardi, per la mia gioia, si intona anche “The scarf my father wore”, mi perdo a guardare ogni particolare di questo bellissimo stadio, ma anche della sua gente, delle loro esclamazioni, dello loro abitudini, è tutto così fantastico ed il tempo passa in un attimo.
















Durante l’intervallo giro per fare qualche foto, tento inutilmente di prendere una Pie o una birra, la coda è interminabile e devo rinunciare (altre volte per non rinunciarci ho perso un gol), il secondo tempo inizia con un cartellino che costa il secondo giallo e quindi l’espulsione ad un giocatore del Tranmere che esce dal campo tra il coro “Off Off Off” dei tifosi di casa, poco più tardi arriva il del raddoppio firmato da Sarcevic, un giocatore che mi è sempre piaciuto sin dai suoi inizi con il Chester, che sigla il gol che probabilmente chiude il match considerando la superiorità numerica, ma anche la superiorità del County rispetto agli avversari.









Lo Stockport continua ad attaccare per tutti i restanti minuti di gioco sfiorando il terzo gol, anche in modo clamoroso, più volte, in campo entra anche il bomber Paddy Madden, ma il risultato resta sul 2-0, i tifosi ospiti sono sempre più desolati e non li sentiamo cantare praticamente mai, mi aspettavo di più da quei lads arrivati da Birkenhead nonostante la situazione di classifica e risultati della loro squadra sia davvero preoccupante.

La partita finisce con la vittoria del County che raggiunge lo storico obiettivo delle 11 vittorie consecutive, un record assoluto per il Club, quando la squadra saluta il pubblico e si dirige verso gli spogliatoi io non vorrei comunque andarmene, resto per fare altre foto, ma soprattutto per osservare ogni cosa, riguardare quel campo e quegli spalti, gli aerei che passano in continuazione sopra Edgeley Park.







All’uscita ci dirigiamo al Club Shop, sono rimaste soltanto taglie enormi della prima maglia ufficiale, ma ne trovo fortunatamente una della maglia speciale ad edizione limitata (1883 maglie ad indicare l’anno di fondazione del Club) realizzata per celebrare i 140 anni di storia della Stockport County Football Club. Proprio fuori dallo shop c'è la statua del leggendario Danny Bergara, storico manager del County, non posso rinunciare a fare una foto.















E’ proprio arrivata l’ora di andarcene, passeggiamo un po’ per le vie di Stockport che ci portano poi alla stazione dove un treno ci fa tornare a Manchester Piccadilly, facciamo una breve sosta in hotel prima di uscire nuovamente per andare a cenare da “Five Guys” dove possiamo gustarci un ottimo cheeseburger con patatine, fuori inizia a piovere, come al solito la gente del posto è vestita quasi in modo estivo incurante del freddo, la pioggia, che sembrava dovesse accompagnarci per tutto il weekend, scende praticamente soltanto mentre siamo al chiuso, qui e, più tardi, al “Soup”.









A due passi da lì, in Spear Street, c’è infatti il locale “Soup” dove abbiamo prenotato due biglietti per assistere ad un piccolo concerto, ad esibirsi ci sono due giovani band, la prima, quella di supporto, si chiama DeafDeafDeaf, mentre gli headliners sono i Cruush, un gruppo Shoegaze originario proprio di Manchester, la sala è molto piccola, noi siamo in prima fila e ci godiamo in pieno le loro canzoni e la voce della loro cantante, c’è un’atmosfera tranquilla ed allo stesso tempo bellissima, la musica è molto piacevole e ci perdiamo in quei suoni che ci fanno sognare, sognare di restare a Manchester per sempre.













La mattina seguente si fa nuovamente colazione al Wetherspoons, il pub è già affollatissimo, ci sono tantissimo tifosi dello United che nel pomeriggio affronterà ad Old Trafford il City per il classico derby di Manchester, inutile dire che già si stanno scolando fiumi di birre nonostante sia mattina presto. Abbiamo a disposizione tutta la mattina e parte del pomeriggio e quindi cerchiamo di ottimizzare il tempo nel migliore dei modi, la prima tappa si trova ai Sackville Gardens dove visitiamo il memoriale dedicato ad Alan Turing, il famoso informatico che creò “Enigma” un sistema geniale capace di interpretare i messaggi crittografati dei tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale; 



la seconda tappa è in Fairfield Street dove c’è il famoso pub “The Star and Garter” (qui ci suonarono i “The Smiths”), quello che mi interessa è che su una facciata esterna è stato riprodotto dal mitico artista Akspe il volto di Ian Curtis, voce dei Joy Division prima della sua prematura morte, un murale fatto di recente dopo che quello realizzato tempo fa (in un’altra strada) dallo stesso artista era stato rimosso tra mille e giuste critiche.













Avevo già visto a Macclesfield lo scorso anno un murale dedicato ad Ian, ma anche questo mi regala grandi emozioni, restiamo lì diversi minuti ad osservarlo e ad ammirarlo, oltre che per fare una serie di foto; ci incamminiamo poi verso Oldham Street dove facciamo visita al leggendario negozio di dischi, il “Piccadilly Records”, ci sono tantissimi vinili, questo posto odora di storia, una storia gloriosa fatta di tanta ottima musica.







Lì vicino c’è il negozio di Fred Perry, ci intratteniamo diversi minuti a parlare con un commesso tifoso dello United ed acquisto una polo bellissima a maniche lunghe e color “mattone”, lo stesso commesso ci rivela che è stata pensata così proprio per omaggiare la città di Stockport (toh guarda che coincidenza) che ha dato i Natali a Fred Perry, una città nella quale, infatti, prevalgono i colori grigio, quello del cielo, e marrone, viste le tante costruzioni realizzate con mattoni a vista, ci dirigiamo poi verso Market Street per andare nuovamente da Size ? e poco più in là c’è pure la libreria “Waterstones”, arriviamo poi alla Cattedrale, sempre imponente nella sua maestosità.
























La tappa successiva è il pub “The Old Nags Head”, avrei voluto entrarci perché avevo visto delle immagini in internet che mi avevano fatto capire che qui si celebra George Best attraverso foto, disegni ed articoli di giornale d’archivio, purtroppo c’è un’enorme fila, dovuta al caos creato dai tifosi dello United pronti al derby contro il City che cantano a squarciagola riempendo il pub, ed è praticamente impossibile accedervi. Visto come andrà poi il derby (0-3) penso che quegli stessi tifosi avranno fatto un rientro più sobrio alle loro case quella sera.









Rinunciamo così a vederlo internamente, ma questa piccola delusione viene ripagata appena intravediamo il “Peveril of the Peak”, un altro pub storico e bellissimo già dall’esterno, con il suo colore giallo e la sua architettura che lo rendono davvero affascinante e vecchio stile, me ne innamoro subito.
















Qui possiamo entrare tranquillamente e goderci quella serenità e spensieratezza sorseggiando dell’ottima birra, anche al suo interno il pub si conferma straordinariamente bello, e pure qui si ci sono diversi Red Devils, ma decisamente più tranquilli rispetto a quelli presenti al “The Old Nags Head” e deduco che qui si tifi per lo United of Manchester dato che su un muro c’è una classifica decisamente “old style” del campionato in cui gioca la squadra nata proprio da un’idea di quei tifosi Red Devils stanchi del business della Premier League e dei proprietari del Club da tempo contestati.

Dopo altri giri per negozi nel centro città, intorno alle 15.30 ci accomodiamo da Starbucks dove un’ottima cioccolata ci scalda, ma allo stesso tempo ci fa purtroppo capire che il momento del ritorno a casa si sta avvicinando, poco più tardi ci dirigiamo infatti verso la stazione e da lì prendiamo il treno per Manchester Airport.

Quando sono sul treno mi rendo contro per davvero che è ora di dare l’arrivederci a Manchester, una città con meno attrazioni rispetto a Londra, sicuramente meno bella, ma forse proprio per questo più “vera” ed “inglese”, una città alla quale sono sempre molto affezionato anche per la storia che emana soprattutto dal punto di vista delle sottoculture e della musica.

Ed allora arriva il momento di prendere l’aereo e di ripercorrere durante il volo nella mia mente, anche grazie all’aiuto delle foto scattate con il cellulare, questi due giorni così intensi nonostante il poco tempo a disposizione, ripenso agli amici incontrati nei pub di Stockport, all’atmosfera del pre-match, alla partita, a quella bella e storica vittoria, al piccolo concerto al Soup, alle colazioni a base di bacon e uova e, per i veri inglesi, di birra a volontà, al murale dedicato ad Ian Curtis ed alla statua di Alan Turing, alla chiacchierata con il commesso nel negozio Fred Perry, ai dischi, a tutti quei piccoli momenti così intimi da tenersi dentro, come quella piacevole e serena bevuta al Peveril. Ma soprattutto penso alle emozioni, alle sensazioni, alla gente incontrata, alla loro cordialità, a quella voglia di stare insieme e condividere quello che più ci piace e che ci accomuna.


Manchester forever e … Up the Hatters!