domenica 11 novembre 2012

Il Canto del Galletto


La scena è desolante. Bradford è una città di fantasmi. Strade deserte, luci spente, pubs vuoti. Siamo in primavera ma il cielo grigio e la temperatura quasi invernale rendono il tutto ancora più lugubre. Le ricerche per tentare di scovare ancora qualche superstite sono terminate. Il bilancio è pesantissimo, cinquantasei morti, oltre duecento i feriti. Fra i resti delle tribune carbonizzate emergono le tracce della colpa. Una copia ingiallita del “Bradford Telegraph” di lunedi 4 novembre 1968, e un pacchetto di arachidi scaduto nel 1971. Peccato che quel giorno sia l’11 maggio 1985. Spazzatura che si è accumulata negli anni sotto le assi di legno del Valley Parade e mai smaltita. Superficialità e inadempienze pagate a caro prezzo. Quello stadio era una bomba a orologeria pronta a esplodere. Bastò un mozzicone di sigaretta o un fiammifero a scatenare un inferno di fuoco. Di lacrime e paura. E pensare che avrebbe dovuto essere una festa. Il Bradford City aveva vinto il campionato di terza divisione, e quel giorno contro il Lincoln City, ci sarebbero state le celebrazioni di rito in un’atmosfera assolutamente allegra. I primi applausi erano partiti ancora prima dell’inizio del match quando il capitano Peter Jackson si era presentato in campo con il trofeo conquistato. Undicimila tifosi in estasi. Tirava vento sulla cittadina dello Yorkshire. Il solito vento, che da queste parti non va quasi mai a braccetto con le stagioni. E’ sempre il solito vento. Freddo e pungente. Quelle maledette sigarette si accendono male. Uno, due, tre cerini per i meno pratici, poi cavolo qualche tiro tanto per darsi un aria, e il solito gesto sprezzante del bullo che getta a terra la cicca senza assicurarsi di averla spenta. “Tanto l'ho fatto mille altre volte”. Ma quella volta non è la solita volta. Dopo 40 minuti ci fu un primo incendio nei pressi del settore G dello stadio e dopo soli tre minuti la polizia cominciò a far evacuare i tifosi presenti nel settore. In seguito le fiamme cominciarono a diffondersi, facendo crollare il tetto della tribuna. I sopravvissuti raccontarono che era quasi impossibile respirare e l'arbitro della gara, Don Shaw, fu costretto a fischiare l'interruzione della partita. A causa del vento le fiamme si estesero in molti altri settori. Molti spettatori, nel tentativo di scappare, scesero sul terreno di gioco, altri erano riusciti a rifugiarsi nelle case vicine, altri ancora, cercarono di aiutare la polizia nel tentativo di salvare qualcuno, ma non c'erano estintori all'interno dello stadio; erano stati tolti per evitare possibili atti di vandalismo. Anche i giocatori delle due squadre cercarono di aiutare le forze dell'ordine e le aiutò anche l'allenatore del Bradford, Terry Yorath, che aveva i familiari proprio nel settore colpito per primo dal rogo. L' identificazione fu complicatissima. Soltanto in quindici casi la polizia ricostruì con relativa certezza l'identità delle vittime. Il vescovo raccolse la città in preghiera. La domenica nell’antica cattedrale c’erano oltre tremila persone. Bradford non ha mai cercato vendette. Aldilà dell’irresponsabilità di qualcuno, l’incuria e la scarsa manutenzione dell’impianto erano sotto gli occhi di tutti. Lo stadio fu chiuso, ristrutturato e riaperto nel dicembre del 1986.
Era stato costruito centodieci anni prima, nel 1886, ma non per il calcio. Vi giocava, infatti una squadra di rugby, il Manningham, che però cadde in difficoltà economiche dalle quali cercò di riprendersi organizzando gare di tiro con l’arco rivelatesi infruttuose per la soluzione dei propri problemi finanziari. E allora nel 1903, con il decisivo intervento di un certo James Whyte, di mestiere redattore del “Bradford Observer”, la struttura venne occupata dal neonato sodalizio calcistico: il Bradford City, che del vecchio Manningham mutuo i colori ambra e bordeaux. Sangue e senape. Una metafora per qualità guerriere, rafforzate dal fatto che vuole l’adozione di questa colorazione, all’uso che ne faceva il West Yorkshire Regiment di stanza nella caserma Belle Vue, sita nei pressi del campo da gioco, e usata per un breve periodo anche come spogliatoio. Queste tonalità furono accompagnate dall’emblema cittadino fino ai primi anni sessanta, poi il “coat of arms” locale fu abbandonato per lasciare spazio all’orgoglioso gallo (animale totem della società) seduto in cima allo scudo riportante l’acronimo del club. Le insegne della città continuano a vivere su un'altra maglia di un'altra squadra cittadina ovvero il Bradford Park Avenue. Come sia arrivato il gallo o “bantam” non è storia completamente chiara. Primo indizio la tinta della divisa che riporta al “pigmento” del focoso uccello da cortile. Secondo indizio un disegno di quest’animale che era raffigurato in origine sulla facciata degli uffici del club. Tuttavia il nickname “Bantams” fu fortemente osteggiato per un lungo periodo da quello “Paraders”, anche se quest’ultimo non fece mai presa sui tifosi al punto che venne abbandonato agli inizi degli anni ottanta. Primo manager della squadra, Robert Campbell e primo match amichevole nel settembre 1903 contro il Common Grimsby, che si impose per due reti a zero. Quattro giorni dopo invece l’esordio in campionato con il Gainsborough Trinity. Nel 1905 prende il timone del club uno scozzese, serioso, sempre elegante, e dal baffo curato secondo i crismi dell’epoca. Si chiama Peter O’Rourke ed è nato a Newmilns, un piccolo borgo dell’East Ayrshire. Con lui il Bradford City conquisterà il trofeo più importante di tutta la sua storia: la FA Cup del 1911. Servirono due partite per avere ragione del Newcastle United. La prima gara si disputò a Londra il 22 aprile al Crystal Palace e terminò a reti inviolate. Quattro giorni dopo, anche per motivi logistici la ripetizione ebbe luogo all’Old Trafford di Manchester. I nomi sono scolpiti nel marmo. E nella mente. Una litania di pionieri in bianco e nero, e un pugno di medaglie, alcune nelle stanze museali del club insieme a altri ricordi e cimeli di quei giorni. L’eroe di quella finale, senza nulla togliere all’istrionico portiere Mark Mellor, al guizzante tornante Frank Thompson o al robusto difensore David Taylor fu senza dubbio, James Hamilton Speirs. Uno nato nel quartiere di Govan a Glasgow nel 1886. Un ragazzone dalla faccia sincera, quinto di sei figli. Suo padre e suo nonno erano minatori, lavoro duro e salari non eccelsi. Lui a 15 anni lasciò la scuola guadagnandosi da vivere come impiegato. Il calcio entra subito nella sua vita con la squadretta locale giovanile dell’ Annandale, ma presto si trasferirà nel nord della città a giocare nel Maryhill FC. E’ la primavera del 1905. Deve aver fatto sicuramente una grande impressione, perché, dopo appena una manciata di partite, firmò per i Glasgow Rangers, al termine della stagione 1904-05, all'età di soli 19 anni.
Nel corso delle successive tre stagioni, giocò un totale di 62 incontri nella lega scozzese segnando 29 gol per i Gers, prima di trasferirsi al Clyde nel 1908. Un anno veramente importante per il ragazzo. In marzo, Speirs esordisce nella nazionale di Scozia in una partita valida per il campionato britannico contro il Galles a Dundee. Nel luglio 1909 arrivò finalmente nel Bradford nella prima divisione inglese. Ne diventa capitano, e segna 29 volte in 86 presenze, con ulteriori 4 gol in coppa. All’ Old Trafford raggiunge il picco della gloria personale realizzando la rete decisiva dopo quindici minuti dall’ fischio iniziale. Se ne andò dal Valley Parade nel 1912 per approdare al Leeds City dove troverà ad allenarlo il mitico Herbert Chapman. Jimmy Speirs giocò la sua ultima partita di campionato nella stagione 1914-15, e nonostante fosse stato sposato e avesse bambini piccoli, tornò a Glasgow per arruolarsi nei Cameron Highlanders. Nel mese di marzo 1916, l'allora caporale Speirs sbarcò in Francia. Anche li un successo, forse maggiore di quello sportivo. Vinse la medaglia militare per il coraggio avuto sul campo di battaglia e fu promosso sergente. Ma il destino cinico e baro lo colpì a tradimento tragicamente, a soli 31 anni. Il 20 agosto 1917,la moglie fu informata che Jimmy era tra i dispersi. Morirà per le ferite riportate, e ancora oggi riposa nel vento delle fiandre nei pressi di Ypres.
Il Bradford City dopo quell’impresa resterà in prima divisione fino al 1922. Ci vorranno 77 lunghi anni per riportarlo di nuovo nella massima serie inglese. Un arco temporale lunghissimo dove vale la pena ricordare Cess Podd e le sue 14 stagioni consecutive dal 1970 al 1984, e Bobby Cambell, il miglior marcatore di sempre con 121 goal a cavallo fra il 1979 e il 1986. Un pellegrinaggio infinito nelle categorie inferiori, e pochissimi sussulti di celebrità. Il vento cambiò nel 1990. La bonaccia arriva con l’avvento di Geoffrey Richmond sulla poltrona di presidente. Il City navigava sempre nelle limacciose acque della seconda divisione, ma in compenso lo stadio era stato riaperto e messo in sicurezza con la costruzione di nuove stand.
Richmond esordisce con quella che sembrò una battuta: “ Potete pure farci una risata, ma entro cinque anni questo club sarà in Premier League”. E giù, mormorii sommessi, facili ironie, e risate di circostanza. Nel 1995-1996, Richmond assume Chris Kamara. Una mossa ispirata e indovinata. Kamara coglie la finale play-off in una giornata da togliere il fiato. Nella gara d’andata perse in casa contro il Blackpool 2-0. Tutto il duro lavoro sembrava essere stato infranto. Ormai non ci credeva più nessuno. Ci credevano ovviamente a Blackpool dove già avevano fornito ai loro tifosi le indicazioni per il viaggio a Wembley. Ma il Bradford City annichilisce la folla del Bloomfield Road ribaltando la situazione e vincendo per 3-0. E’ stato, forse, uno dei risultati più sorprendenti dell’intera storia del club. Oltre 30.000 Bradfordians fecero il viaggio verso Londra Nord per vivere una giornata indimenticabile. Sconfissero il Notts County 2-0, e si assicurarono un posto in Division One.
La stagione successiva fu un’autentica lotta per la sopravvivenza. Nel maggio 1997, mentre l’intera nazione aspetta di sapere se il partito laburista di Tony Blair vincerà le elezioni, a Bradford si aspetta invece di sapere se i Bantams batteranno il Charlton per avere ancora qualche possibilità di salvezza. Il Bradford City vincerà 1-0 ma gli ultimi istanti saranno a dir poco strazianti con i londinesi che colpiranno due pali nel giro di pochi minuti. L'ultima giornata portò al Valley Parade il QPR, e il City vincendo 3-0 mantenne la categoria. Se tutto questo entusiasmo non bastasse, qualche settimana prima la Regina Elisabetta aveva ufficialmente aperto il nuovo stand su Midland Road. Nel gennaio del 1998, Kamarà verrà licenziato e al suo posto subentra Paul Jewell. Ricevette una tiepida accoglienza. Tuttavia la campagna acquisti estiva vede Il ritorno di Stuart McCall e l’arrivo dell’ attaccante Lee Mills.
Nonostante buone aspettative , il City vinse solo una volta nelle prime sette partite. Quando sembrava che le capacità manageriali di Jewell non fossero in grado di dare i risultati sperati la squadra infilò una striscia positiva impressionantie che culminò a Wolverhampton, quando una vittoria avrebbe riportato il club di Valley Parade nella luccicante Premier League. Il vantaggio dei Wolves mise paura a tutti, ma la terna realizzativa di Peter Beagrie, Lee Mills e Robbie Blake portò i bantams sul rassicurante vantaggio di 3-1. Anche quando Beagrie sbagliò un rigore la festa sugli spalti non diminuì. I lupi però non erano rientrati nel bosco, e si riavvicinano pericolosamente segnando il 3-2. Nervi, ansia, e sensazione di tempo sospeso. Ma alla fine ecco il fischio tanto atteso. Dopo 77 anni il Bradford City era tornato in Premiership e 3000 tifosi festeggiano inebriati. Nella stagione seguente i media congiurano contro la squadra di Jewell, ritenendo il suo arrivo nella massima serie, solo una rapida toccata e fuga nell’Olimpo dei grandi. Si dovranno ricredere. Ancora una volta il destino della “Città” sarebbe stato deciso l'ultimo giorno del campionato. Contro il Liverpool.. Un pomeriggio indimenticabile. Con appena dieci minuti sull'orologio David Wetherall di testa porta in vantaggio il Bradford. Il Liverpool mette sotto assedio i bantams ma la tenace difesa e l’inspirato Matt Clark tengono a freno Owen e compagni. Contro tutte le aspettative i galletti erano sopravvissuti. Paul Jewell, i suoi pugni in aria in segno di trionfo, ha tutto il diritto di godere con un sorriso ironico di chi aveva dubitato di lui. La gioia per la salvezza fu ampliata anche dalla notizia che la squadra avrebbe potuto partecipare alla coppa Intertoto, la competizione estiva per accedere a un posto in Coppa Uefa. I bantams si comportarono bene. Furono esclusi solo al terzo turno dallo Zenit di San Pietroburgo. Quello fu però l’inizio dei problemi. Arrivò la retrocessione, e a dirla tutta arrivò anche Benny Carbone. Ma i guai finanziari ebbero il sopravvento. In attesa del nuovo canto del gallo.

bradford

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di Sir Simon

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